di Salvo Barbagallo
Non si poteva nascondere e, quindi, d’obbligo non solo per i mass media nazionali ma anche europei, riportare i risultati elettorali in Russia che hanno fatto registrare il 76,6 per cento dei consensi a Vladimir Putin: notizie centellinate con cura, quasi in posizione marginale sia sulla grande stampa, sia sui canali televisivi. Chi gestisce i principali mass media sa bene come dare importanza, o meno, a un evento, ma l’evento della (inaspettata?) vittoria di Putin, tale non doveva essere considerato.
Come Tania Santi su “Sputnik Italia” sottolinea, In un periodo di forti tensioni internazionali che vede rinforzata l’ostilità dei Paesi occidentali nei confronti del Cremlino, dalla Russia arriva una reazione netta e chiara. I cittadini russi scelgono per la quarta volta Vladimir Putin. C’era, infatti, chi, soprattutto nei Paesi europei, sperava in un tracollo del leader russo, così come facevano apparire (sempre i mass media) di grande rilevanza le contestazioni esaltate sino allo spasimo della “non “ credibilità effettiva. A conti fatti, spoglio elettorale avvenuto, pecche (volute?) negli exit poll, volenti o nolenti, Vladimir Putin nella sua quarta elezione e per la quarta volta è presidente della Federazione Russa, con il risultato più soddisfacente per un presidente nella storia della Russia moderna.
Ovviamente, le critiche e le considerazioni. Michael Georg Link, coordinatore speciale e leader della missione di osservazione dell’Osce, afferma che in questa tornata elettorale In Russia è mancata una reale competizione. La scelta senza reale concorrenza, come abbiamo visto qui, non è una vera scelta”. Opinione di parte che contrasta, dati alla mano, con l’alto indice di affluenza al voto, superiore a quello riscontrato nelle precedenti elezioni.
Erano sei gli uomini e una donna a sfidare Vladimir Putin: Pavel Grudinin, del Partito comunista, è stato il solo a superare la doppia cifra, ottenendo circa il 12 percento dei voti; Vladimir Zhirinovskij, il leader del Partito liberaldemocratico alla sua sesta candidatura, con il 5,6 per cento dei voti; Ksenia Sobchak, conduttrice televisiva, con l’1,67 per cento; sotto l’1 per cento il liberale Grigorij Javlinskij, a capo di Jabloko; il nazionalista Serghej Bubarin, Maksim Surajkin, partito Comunisti di Russia, e Boris Titov.
Ora c’è l’attesa per i programmi che Vladimir Putin porterà avanti, c’è attesa per le possibili reazioni al continuo ostracismo nei confronti della Russia, ci sono in ballo la situazione in Siria e gli equilibri nei Paesi dell’area del Mediterraneo.
Siamo abituati a leggere o a discutere di ciò che accade nel Mediterraneo quasi sempre in riferimento all’annosa e critica questione dei migranti e del loro ininterrotto flusso verso la Sicilia, flusso più o meno favorito e alimentato per inconfessabili e sconosciuti interessi di diversi Paesi. Altri interessi gravitano nell’area del bacino del Mediterraneo, tanti da far stazionare in forma stabile potenti Flotte militari dei principali cosiddetti Paesi/leader del mondo, Stati Uniti d’America e Russia, con un dispendio economico sicuramente elevatissimo. L’attenuatasi l’attenzione sulla Siria di Assad e sulla lotta al Califfato nero jihadista in quelle martoriate regioni dove agiscono (di supporto) anche forze militari italiane, calata l’attenzione anche verso le (ex) pericolose minacce belliche della Corea del Nord, quanto avviene nelle acque del Mediterraneo è, al momento, argomento marginale. Ma è così anche per Vladimir Putin?